recensione di Nicola Vacca pubblicata in nicolavacca.splinder.comLa poesia è necessaria per capire il divenire. Lo sa benissimo Caterina Camporesi, che nel suo ultimo Solchi e nodi (Fara editore, pagine 93, 10 euro) si cimenta con la realtà di un’esperienza esistenziale che nella parola sa essere misura di tutte le cose.L’ultima poesia della Camporesi è un modo intrigante del guardarsi dentro: «luoghi e tempi nutrono / aprono varchi al nostro divenire». Con queste parole la poetessa avverte il lettore che si accinge a cimentarsi con i suoi versi.Una sorta di premessa etica con la quale la Camporesi entra nel dedalo problematico dell’universo e dei solchi e nodi di quel tempo reale, nel quale scorrono le nostre vite.Va nella profondità degli attimi la cifra esistenziale della poetessa, che presta la sua voce alle ferite che il male traccia nella vita di tutti i giorni e di cui noi siamo le vittime di un mistero che si infittisce con la nostra presenza forse non sempre giustificata nel caos che ci circonda.«Troppo breve la vita / per riempirla / si colma svuotandola». Questi versi catturano il pensiero che si ripete in ogni gesto umano. Caterina Camporesi gioca con la vita e con i suoi colpi mortali per sentirsi viva. Non è sempre facile fare tesoro degli attimi che ci sono stati donati: «muore l’orizzonte / sul molo dei millenni / rotolano idee in ogni dove / accerchiano indizi e insidie / opaco il mistero continua / ad imperare».Bisogna toccare gli abissi dei solchi della vita che ferisce e sciogliere i nodi del tempo. Soltanto così si avrà il coraggio affrontare il malfermo inverno della nostra condizione umana.La poesia di Caterina Camporesi è l’inventario delle ferite sanguinanti dell’anima e del cuore. Ma soprattutto è un canto esistenziale che predilige il pensiero che si disperde nello stupore dei sensi. Forte di questa convinzione la Camporesi arriverà a scrivere che «ad ogni istante sulla scena del mondo / risuona il colpo di grazia».Nella dimora della parola la poesia concede alla vita un’altra possibilità.
È onesta la poesia che arrischia le strade del cuore. Sono davvero rari i poeti che hanno il coraggio disinteressato di affrontare le ferite insanabili del male di vivere con le parole incendiarie della passione.Nicoletta Verzicco con il suo Sangue dei papaveri (Fara editore, pagine 66, 10 euro) scrive versi di puro amore e appicca incendi di passione con una trasparenza scomoda e irriverente, che mette nell’angolo l’ipocrisia delle convenzioni ambigue, disarma le paure del nostro tempo e del pensiero debole che lo caratterizza.Nicoletta è una poetessa-guerriero che imbraccia le armi della passione e del sentimento, per affermare l’importanza controcorrente del sentire in un’epoca nella quale tutto quello che è romantico viene considerato disdicevole.La Verzicco è nuda davanti al disordine dl reale: «Acerrimo nemico / sfodera la tua / spada affilata / brandirò parole / caustiche / per affrontarti / sarà un duello / ad armi pari».Dall’osservatorio sentimentale della sua nudità, la poetessa attraversa l’oscurità fredda del mondo che facilmente rinuncia alle passioni per precipitare nell’abisso di un nichilismo dal quale l’uomo difficilmente tornerà.Nicoletta Verzicco percorre pericolosamente il campo minato dell’esistenza. La poetessa lascia che il suo cuore sprigioni tutta la forza magnetica delle passioni. Nella sua poesia difende con le unghie la scelta interiore del sentire e la grazia del suo pensiero inatteso, che sconvolge e scuote i sensi intorpiditi dalla ragione.
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