mardi 20 janvier 2009

Max Ponte - 17 1 2009 - La Tela Sonora a Radio Alma


***
Cosmagonia dei coccodrilli Lacoste
Vorrei denunciare pubblicamente il caso
di un buon numero di animali in via di extinzione
finiti in un giro di lavanderie clandestine rivenduti
per farne cinturine di castità ceduti
in cambio di una barretta di plutonio sugar free
scherzati et humiliati a manetta
privati della giusta igiene orale
rimpiccioliti con detersivi per
trasformare i capi della mamma in quelli di
puffetta ora si ritrovano sulle magliette
e meditano di entrare nel partito di follini
tali animali, non hanno bisogno di presentazioni:
sono i coccodrilli lacoste essi alligano sulla
superficie delle polo sine pretesa alcuna
soggetti ad imitazioni vucumprà hanno un
sonno tormentato e giocano a spaventare
i gemelli della robe di kappa quando vanno
a nanna nel loro gemellare letto nudi
***

lundi 19 janvier 2009

tratto da il libro di .... Noosoma

Come comprendere
le ragioni del male
e persuaderlo a cambiare idea

Questo non è un manuale scientifico.
Non è zeppo di riferimenti bibliografici alla fine di ogni capitolo; e come primo risvolto favorevole vi costerà meno e sarà di minore ingombro nelle vostre mani,tasche, borse.
Non è indirizzato ai dottori della scienza, che troverebbero sin da questa stessa introduzione mille e un motivi di condanna.
Non è certo un’opera completa, né una abbacinante novità assoluta.
Non è stato nemmeno pensato nella speranza di farmi diventare milionario.
E’ il riassunto divulgato del mio lavoro, scritto affinché si comprenda che la possibilità (ahimé, non la certezza) di una reale guarigione esiste davvero, e che non c’è una sola scienza medica detentrice del potere assoluto ma una miriade di approcci, il cui concorso può portare a traguardi a volte inimmaginabili.
Allora assomiglia molto a uno slancio utopico “per la salvezza dell’Umanità, proprio sull’orlo del baratro”, oppure allo sfogo narcisistico di un tizio, poco più che cinquantenne, con la pretesa di aver capito quasi tutto e (ancora peggio) la sfrontatezza di volerlo benevolmente spiegare agli altri, poveri ignoranti?
Mah!

vendredi 9 janvier 2009

land|box

Il poeta non trattiene a sé ciò che scopre. Non appena lo trascrive subito lo perde. In ciò risiede la sua novità, il suo infinito, il suo pericolo.
René Char
Bollettino
Ass. Cult. SECOLOZERO
www.landmagazine.blogspot.com



*
Se affondo voglio il peso di mio figlio
alle caviglie, fili di ragnatela
a sentire il limite della lingua
la lunga costa che ci separa.

E’ sole duro il canto di stasera.
*
Cambia il vento
un tempo acerbo percuote il dorso
e preme a fondo sul lembo
l’artiglio che corrode.

Altri popoli verranno a distruggermi
perché anche tu sei stato un popolo.

Colpivi silenzioso
agli angoli bui della fortezza
sepolta lenta
nell’acqua che riposa.

*
Ritraggo le mani dalla barriera
dalla terra umida e stringo
a difesa quella lama bianca
sulla porta di casa.

Sono dentro, a rotolarmi
come un animale impazzito
cerco il taglio della luna – ora -
che a muso duro prego sola.

*
L’acqua lascia solchi nella pelle
buchi stretti e veloci
dalle anche alle caviglie
è tutto un versare rapido
un nervo gonfio che si torce.

E tu, appena puoi, mi curi
corri a tamponare ogni minima perdita
ogni magro accenno del mio odore.

Sarò immobile di nuovo
starò ferma, per chi vorrà bere
da tutte le mie contratture.


Scrivere è per me un impulso incontrollabile, una necessità. Di notte - col rumore dell’acqua che dorme - non riesco a prendere sonno, finché non metto su carta le parole che mi risuonano nella testa, come un martellio, un tarlo quasi fastidioso. La stessa cosa accade in viaggio, sul treno, in auto, mentre cammino: le parole accompagnano il mio percorso e cominciano ad assillare la mente. Poi, quando incontro l’atmosfera giusta, la luce esatta e silenziosa, raduno le mie carte sparse e comincio a lavorare alla poesia. Non so mai se questa si compirà, o se quelle voci resteranno lì come schegge; perché la scrittura richiede tutto, e non sempre si è pronti a mettere in gioco interamente se stessi. In passato, ho vissuto la poesia come un balsamo per sciogliere nodi inestricabili, un atto terapeutico... quello è stato l’inizio.



ROSSELLA RENZI
è nata a Castel S.Pietro Terme nel 1977, vive in provincia di Ravenna. Ha scritto le raccolte in versi
Di madre Di terra (poesie 2005-2007) e A piedi nudi, a cui sta lavorando. Sue poesie sono state pubblicate sulla rivista “Graphie” (ed. Il vicolo, Cesena).
In dialogo col musicista Mirco Mungari ha ideato un progetto di contaminazione tra parola e suono che ha per titolo mousikè techne, presentato in varie occasioni, tra cui il Festival Lavori in corso d’opera di Massa Lombarda (edizione 2007) e il Festival di poesia e musica (suoni - scritture contemporanee, S.Lazzaro, novembre 2008). Collabora con diverse riviste di critica letteraria con articoli, saggi e recensioni sulla poesia contemporanea.
Dal 2003 è redattrice di “Argo - Rivista d’esplorazione” (Edizioni Pendragon, Bologna) - www.argonline.it ; per la stessa rivista coordina la rubrica di poesia. Si è laureata in Lettere Moderne all’Università di Bologna, con una tesi sull’ultima produzione poetica di Montale.

jeudi 8 janvier 2009

Kufia


Alessandra Borsetti Venier: “Kufia, canto per la Palestina”

Caro Claudio,
amici e lettori di Tellusfolio,
ho ricevuto dalla Casa della Poesia di Baronissi, una delle più importanti realtà sul territorio nazionale che cura manifestazioni sulla poesia, la letteratura e la creatività in genere, questo messaggio che vorrei farvi conoscere e il link con il canto da ascoltare.
Ricordo che vent’anni fa uscì, in allegato a “il manifesto”, il 45 giri Kufia, canto per la Palestina. Sul lato 'A' c'era una canzone cantata dal Coro di bambini palestinesi ‘Al Aqsa’ e sul lato 'B' lo stesso pezzo in versione strumentale.
Oggi quei bambini dovrebbero essere più o meno trentenni. Mi auguro che in questi giorni tragici stiano tutti bene e che abbiano ancora la forza di cantare per la loro terra, la Palestina.

“Un po' di tempo fa, il poeta Gianluca Paciucci portò in dono varie cose per la biblioteca-mediateca di Casa della Poesia, tra cui il vecchio 45 giri Kufia, canto per la Palestina. Il regalo era molto bello, il disco in vinile, praticamente introvabile.
Nei giorni passati ci siamo commossi a riascoltarlo. Proprio ieri ci ha scritto Canio Lo Guercio, uno dei protagonisti di quell'operazione”.

Kufia, canto per la Palestina ascoltala qui:
http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendid=151846166:
Testo tratto da Io sogno dei gigli bianchi (Mahmud Darwish)Musica di: Canio Loguercio, Rocco De Rosa, Rocco Petruzzi

Fara Edizioni


mardi 6 janvier 2009

Adele Desideri (rivista Le Voci della Luna)


CARTACEO
I petali umettati si chiudono a conchiglia
nello spazio oltre il bosco e la fontanella.
Nei recessi volteggia la tenera foglia
che tu scolori ad ogni sospiro.
Sulla sabbia scrivi il tuo rimorso
al vento affidi la tua protervia.
Sono la pergamena, tu lo scriba.

SOVERATO
Un gesto - l’accoglienza - un sorriso, una parola spesa
la luce di una candela che illumina la sera
un giardino fiorito, il pane fresco del mattino.
***
Una lussuria cremisi nel cielo sgomento d’oro,
mentre la giovane con gli occhi di gatta rabbiosa
accende la sera di umori sanguigni.
Non sapevo che la farfalla potesse dormire
sul pelo ruvido dell’elefante.
Turbata da nubi di ghiaccio
una carezza languisce nella morsa del possesso.
Ogni abbraccio è un guinzaglio di porpora.
Vorrei ribellarmi e cavalcare
la scia luminosa dei fuochi che trafiggono il cielo.
Invece mi cullo nel fiume di luce.
Il lento fluire dell’amore devoto
è una cella di ferro senza chiavi
o forse è il sorriso della luna
quando si alza la marea.
***
Il codice scritto nel cielo terso lo leggono gli ulivi
e le radure verde rame. Bisbiglia nel vento il tremito
del mirto quando tu lo accendi nel sole incandescente
e stringi nel pugno chiuso la pelle d’avorio.
È una morsa tra l’inguine e la schiena il tuo furore,
nella gola lo spasimo di un’allodola sotto lo sparviero.
Ogni notte celebriamo il volo ondivago dei sensi.
Torno bambina e, se dimentico le rotte proibite, si schiude
come una perla dalla vulva la lacrima della passione.
***
Sei squillante come un concerto
di colori di mezza estate,
brumoso come un’amica di lunga data.
***
Sono qui.
Nel mare delle tempeste ci siamo sfiorati
con le dita salmastre. Nella sabbia resta
l’ombra delle mani, un petalo di rosa appassito.
Non sono il giardino del tuo cantico.
Tra le mele mature, nel mio fiore di zucca,
sei germogliato come il gelsomino
quando profuma, pizzica l’aria
e si nasconde tra il pudore delle foglie.
***
La strega delle sabbie non ha deposto lo scettro.
Insinua il maleficio nel filtro d’aria
che separa la mia pelle dalla tua
quando il terremoto sconquassa le lenzuola.
Devo parlare alla strega,
scendere nell’antro del sortilegio,
strappare i suoi occhi dal mio cuore,
trafiggere il suo petto nel mio ventre,
costringerla lì, nello specchio, a guardarmi.
Diventerà evanescente e in una smorfia scimmiesca
evaporerà sulle braci, sarà cenere e fumo.
Ogni notte nel sogno le offrirò devota rose, tulipani e margherite.
Al risveglio nuovi cieli, nuova terra, un fico rifiorito.
***
Sono l’ancella dell’ultimo plenilunio,
la ballerina degli estremi sussulti.
Ho danzato per te quando tuonavano
i cannoni e i tamburi battevano la sera,
quando ardeva nei tuoi occhi corsari il lampo.
Nelle feste lunari le corde della mia viola
sussultano al fuoco del tuo flauto.
Nella valle delle fragole penetra un canto inquieto.
La nota del piacere si espande
fino alle colline brunite di sole.
Soffoco un singulto e mi addormento
nelle acque odorose dei tuoi ruscelli.