mardi 6 janvier 2009

Adele Desideri (rivista Le Voci della Luna)


CARTACEO
I petali umettati si chiudono a conchiglia
nello spazio oltre il bosco e la fontanella.
Nei recessi volteggia la tenera foglia
che tu scolori ad ogni sospiro.
Sulla sabbia scrivi il tuo rimorso
al vento affidi la tua protervia.
Sono la pergamena, tu lo scriba.

SOVERATO
Un gesto - l’accoglienza - un sorriso, una parola spesa
la luce di una candela che illumina la sera
un giardino fiorito, il pane fresco del mattino.
***
Una lussuria cremisi nel cielo sgomento d’oro,
mentre la giovane con gli occhi di gatta rabbiosa
accende la sera di umori sanguigni.
Non sapevo che la farfalla potesse dormire
sul pelo ruvido dell’elefante.
Turbata da nubi di ghiaccio
una carezza languisce nella morsa del possesso.
Ogni abbraccio è un guinzaglio di porpora.
Vorrei ribellarmi e cavalcare
la scia luminosa dei fuochi che trafiggono il cielo.
Invece mi cullo nel fiume di luce.
Il lento fluire dell’amore devoto
è una cella di ferro senza chiavi
o forse è il sorriso della luna
quando si alza la marea.
***
Il codice scritto nel cielo terso lo leggono gli ulivi
e le radure verde rame. Bisbiglia nel vento il tremito
del mirto quando tu lo accendi nel sole incandescente
e stringi nel pugno chiuso la pelle d’avorio.
È una morsa tra l’inguine e la schiena il tuo furore,
nella gola lo spasimo di un’allodola sotto lo sparviero.
Ogni notte celebriamo il volo ondivago dei sensi.
Torno bambina e, se dimentico le rotte proibite, si schiude
come una perla dalla vulva la lacrima della passione.
***
Sei squillante come un concerto
di colori di mezza estate,
brumoso come un’amica di lunga data.
***
Sono qui.
Nel mare delle tempeste ci siamo sfiorati
con le dita salmastre. Nella sabbia resta
l’ombra delle mani, un petalo di rosa appassito.
Non sono il giardino del tuo cantico.
Tra le mele mature, nel mio fiore di zucca,
sei germogliato come il gelsomino
quando profuma, pizzica l’aria
e si nasconde tra il pudore delle foglie.
***
La strega delle sabbie non ha deposto lo scettro.
Insinua il maleficio nel filtro d’aria
che separa la mia pelle dalla tua
quando il terremoto sconquassa le lenzuola.
Devo parlare alla strega,
scendere nell’antro del sortilegio,
strappare i suoi occhi dal mio cuore,
trafiggere il suo petto nel mio ventre,
costringerla lì, nello specchio, a guardarmi.
Diventerà evanescente e in una smorfia scimmiesca
evaporerà sulle braci, sarà cenere e fumo.
Ogni notte nel sogno le offrirò devota rose, tulipani e margherite.
Al risveglio nuovi cieli, nuova terra, un fico rifiorito.
***
Sono l’ancella dell’ultimo plenilunio,
la ballerina degli estremi sussulti.
Ho danzato per te quando tuonavano
i cannoni e i tamburi battevano la sera,
quando ardeva nei tuoi occhi corsari il lampo.
Nelle feste lunari le corde della mia viola
sussultano al fuoco del tuo flauto.
Nella valle delle fragole penetra un canto inquieto.
La nota del piacere si espande
fino alle colline brunite di sole.
Soffoco un singulto e mi addormento
nelle acque odorose dei tuoi ruscelli.

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